Mentre il Regno Unito, potenza diplomatica di primo piano e membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, sceglie senza ambiguità di sostenere il piano d'autonomia marocchino per il Sahara come "la base più credibile, pragmatica e réalistica" per risolvere definitivamente il conflitto regionale, l'Italia continua a restare alla finestra. Silenziosa, titubante, indecisa. Una posizione che, più che neutrale, appare ormai come una dichiarazione implicita di irrilevanza diplomatica.
Il comunicato congiunto firmato a Rabat tra il ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, e il Segretario di Stato britannico, David Lammy, rappresenta un atto politico di forte impatto: Londra riconosce non solo la validità della proposta marocchina del 2007, ma anche la centralità del Marocco per la stabilità del Nord Africa e la cooperazione euro-africana. Si parla apertamente di sostegno economico, di investimenti diretti anche nelle province del Sud, e di una linea chiara in sede internazionale. Il Regno Unito, insomma, fa politica estera con visione e coraggio.
E l'Italia? L'Italia, che si riempie la bocca con il "Piano Mattei", che sogna di diventare la porta d'Europa verso l'Africa, resta in un imbarazzante silenzio. Un silenzio che non è più solo prudenza diplomatica, ma vera e propria incapacità di prendere posizione. Una diplomazia paralizzata, che si nasconde dietro formule vaghe per non scontentare nessuno, ma che così facendo non serve nemmeno i propri interessi nazionali. Una diplomazia che non osa, non guida e non decide.
Paradossalmente, proprio l'Italia – Paese fondato su un sistema regionale complesso, dove l'autonomia è principio costituzionale – dovrebbe essere la prima a comprendere e sostenere un modello di autonomia come quello proposto dal Marocco per il Sahara. Un modello che offre autogoverno, rappresentanza, tutela dei diritti locali e integrazione economica, in piena coerenza con il diritto internazionale e con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Eppure, la nostra diplomazia resta inerte. Forse per timore di urtare la sensibilità di una vicina e storicamente ostile al Marocco, che ancora esercita una certa influenza silenziosa ma incisiva su alcune scelte italiane. Una nazione che, pur senza fare parte dell'Unione Europea, sembra condizionare più di quanto si voglia ammettere la politica estera di Roma.
Questo immobilismo italiano rischia di tradursi in una marginalizzazione definitiva. Mentre Stati Uniti, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e ora anche il Regno Unito scelgono di sostenere apertamente il piano marocchino come unica via d'uscita concreta al conflitto, l'Italia resta schiacciata in una zona grigia senza contenuti né prospettive. Non solo non guida, ma nemmeno partecipa. Un lusso che non possiamo permetterci, soprattutto se si vuole giocare un ruolo nella stabilità del Mediterraneo allargato e nell'accesso alle immense opportunità economiche africane.
A rendere ancora più grave la situazione è l'incoerenza tra i proclami interni e le azioni esterne. Da una parte, il governo italiano presenta il "Piano Mattei" come un pilastro della nuova politica estera, che punta sulla collaborazione equa con i partner africani. Dall'altra, su un tema cardine per la regione – come il conflitto del Sahara – Roma sceglie di non esporsi, dimostrando che tra teoria e pratica c'è ancora un abisso. E in politica estera, l'assenza di posizione è essa stessa una posizione: quella della debolezza.
Il Marocco, sotto la guida di Re Mohammed VI, ha avviato un'offensiva diplomatica efficace, coerente e rispettosa del diritto internazionale, che sta conquistando adesioni in tutto il mondo. Non è più tempo di ambiguità né di formule diplomatiche stanche. Sostenere una proposta seria, inclusiva e già accettata da numerose cancellerie occidentali è oggi anche un modo per rafforzare la sicurezza collettiva, promuovere lo sviluppo regionale e difendere gli interessi strategici italiani nel Maghreb.
L'Italia ha l'opportunità – e il dovere – di uscire dall'ombra. Non si tratta di scegliere per simpatia, ma di riconoscere una realtà che si sta affermando con o senza di noi. Restare indietro non è più una posizione neutrale: è una scelta di irrilevanza. E in diplomazia, l'irrilevanza si paga cara.
Marco Baratto
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