mercoledì 18 giugno 2025

Appello per una Cittadinanza Inclusiva e Moderna: superare l'articolo 70 del Trattato di Saint-Germain

 
 
 
Con profondo rispetto e senso civico, mi rivolgo alle Istituzioni della Repubblica affinché si apra finalmente un confronto serio, coraggioso e lungimirante sulla riforma della cittadinanza, non solo nel quadro del recente decreto legge che ha suscitato attenzione e dibattito tra gli italiani all'estero, ma anche in riferimento a disposizioni storiche ormai superate dai tempi, come l'articolo 70 del Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919.
 
Nel ringraziare il Presidente Sergio Mattarella per la sensibilità istituzionale con cui ha accolto le preoccupazioni delle comunità italiane nel mondo, in particolare quelle emerse nel Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, desideriamo rilanciare un appello concreto: è giunto il momento di superare ogni residuo normativo del passato che impedisce ai discendenti delle popolazioni di Trento, Bolzano e Gorizia – territori un tempo parte della Monarchia austro-ungarica – di ottenere liberamente la doppia cittadinanza italiana e austriaca.
 
Il Trattato di Saint-Germain: una norma superata
 
L'articolo 70 del Trattato di Saint-Germain fu pensato in un contesto storico profondamente diverso da quello attuale. Redatto all'indomani della Prima Guerra Mondiale, in un'Europa frammentata e segnata da spinte nazionalistiche e revansciste, esso prevedeva che i cittadini dei territori ceduti alla sovranità italiana, come il Trentino-Alto Adige e parte del Friuli-Venezia Giulia, acquisissero automaticamente la cittadinanza italiana, rinunciando a quella austriaca. Era una norma funzionale alla ridefinizione delle sovranità statali e dei confini, ma oggi si mostra anacronistica, in contrasto con i principi europei di libertà personale, di pluralità identitaria e di cittadinanza multilivello.
 
Non è più accettabile che nel 2025 – a più di un secolo dalla fine della Grande Guerra – i discendenti di queste popolazioni siano ancora privati della possibilità di accedere alla doppia cittadinanza, laddove vi siano motivi affettivi, culturali, linguistici o storici che li legano a entrambe le realtà nazionali. L'Europa dei popoli non può più tollerare che vi siano cittadini penalizzati da clausole imposte da trattati postbellici, nati per esigenze ormai superate.
 
Una questione di equità e coerenza
 
Il principio della doppia cittadinanza è già riconosciuto e applicato in numerosi casi, tanto in Italia quanto in altri Paesi europei. I discendenti degli italiani emigrati in Argentina, Brasile, Stati Uniti e Australia possono – giustamente – vantare il diritto alla cittadinanza italiana. Allo stesso modo, numerosi cittadini italiani residenti all'estero hanno acquisito una seconda cittadinanza, senza dover rinunciare a quella italiana.
 
Perché dunque negare lo stesso diritto a chi discende da comunità che da generazioni vivono nella terra di confine tra Italia e Austria? Perché mantenere un divieto che colpisce in particolare i discendenti dei comuni delle province di Trento, Bolzano e Gorizia, che dovrebbero invece essere riconosciuti come ponti viventi tra due culture europee?
 
Si tratta di una disparità giuridica che non ha più ragion d'essere. Essa non rafforza l'identità nazionale, ma anzi rischia di alimentare un senso di esclusione e frustrazione. Una Repubblica inclusiva deve avere il coraggio di rivedere le norme che, pur avendo avuto una legittimità storica, oggi producono effetti ingiusti.
 
Una proposta per il futuro: il riconoscimento della pluralità
 
Il superamento dell'articolo 70 del Trattato di Saint-Germain non significherebbe in alcun modo sminuire la sovranità italiana o mettere in discussione i confini acquisiti. Al contrario, sarebbe un atto di maturità democratica e di apertura europea. L'Italia, quale membro fondatore dell'Unione Europea, ha tutto l'interesse a promuovere modelli di cittadinanza flessibili, inclusivi e compatibili con la realtà transnazionale del nostro tempo.
 
Consentire la doppia cittadinanza ai discendenti dei comuni delle attuali province di Trento, Bolzano e Gorizia significherebbe riconoscere la loro storia, la loro identità plurale, la loro capacità di vivere come cittadini europei a pieno titolo. Significherebbe anche consolidare i rapporti di amicizia e cooperazione tra Italia e Austria, nel rispetto delle minoranze, della storia comune e delle aspirazioni individuali.
 
Un appello alla responsabilità istituzionale
 
Chiediamo dunque al Governo e al Parlamento di avviare un percorso di revisione normativa che porti, nei tempi più rapidi possibili, alla rimozione di ogni ostacolo al riconoscimento della doppia cittadinanza per i discendenti dei territori ex austro-ungarici oggi italiani. Chiediamo anche che tale revisione venga condotta in dialogo con le istituzioni europee e con l'Austria, in uno spirito di mutua comprensione e rispetto.
 
Ci appelliamo al Presidente della Repubblica, garante dell'unità nazionale e ascoltatore attento delle istanze delle comunità italiane all'estero, affinché questa riflessione possa trovare accoglienza nelle sedi più alte della Repubblica. La cittadinanza non è solo un atto formale: è un riconoscimento di appartenenza, una forma di dignità, un ponte tra generazioni e nazioni.
 
Che la Repubblica italiana sia, oggi più che mai, all'altezza di questo ideale. Ricordiamoci che il Primo Capo di Stato, Alcide De Gasperi, fu anche parlamentare a Vienna e aiutò i profughi italia 
 
Marco Baratto
 

martedì 17 giugno 2025

THE SILENCE IS OVER: THE POPE MUST SPEAK TO THE WORLD NOW


U.S. President Donald Trump will meet with his national security team in the White House Situation Room to make crucial decisions regarding American policy in the escalating conflict between Israel and Iran, according to three U.S. officials cited by Axios. Reliable sources reveal that Trump is seriously considering entering the war directly and launching an American attack on Iran's nuclear facilities, particularly the underground uranium enrichment site at Fordow—a clear sign of a potential global escalation. The United States is weighing its participation in Israel's military campaign against Iran, a fact confirmed by German Chancellor Friedrich Merz, who emphasized the imminent risk of a widening conflict involving the world's major powers. It is in this dire and dangerous context that we appeal to the Holy Father, Pope Leo XVI, to go beyond words spoken at the Angelus or during homilies, beyond symbolic gestures, beyond the silence heavy with sorrow. Holy Father, we call for an intervention that is not ritual but extraordinary, that breaks the mold of ecclesiastical diplomacy and strikes directly at the hearts and minds of those who still have the power to stop catastrophe. We ask you to speak to the entire world with strength and clarity, using every available means of communication—television, radio, social media, digital platforms—in all languages, on every continent, because the world needs to hear a voice of peace that stands firmly against the madness of those who believe themselves divinely appointed to sow death and destruction. We do not need veiled speeches or wavering diplomacy—we need a thousand words of fire, words that are clear, human, universal, words that call leaders to responsibility, that awaken consciences, that expose the false rhetoric of war, that stir even the most indifferent believers. A message that recalls your predecessors: Pius XII, who lived in the shadow of bombs, and Benedict XV, whose voice went unheard amid the clatter of bayonets. Holy Father, now it is your turn—history is watching, listening, and taking measure. Men and women await a sign, not from military commands but from the heights of human conscience—a warning that says "enough," that breaks the tragic illusion of the just war, that reminds humanity that no faith, no god, no sacred text can ever justify the destruction of life. Holy Father, we ask you to step out of the silence of the palaces and into the homes, the phones, the hearts of people everywhere with a simple, powerful message—broadcast live around the world, translated into every language, in every country, with no compromise, no ambiguity. Let it say clearly: stop. Let it boldly proclaim the prophetic vision of "disarming and disarmed peace," a vision only the truly great have the courage to speak aloud. The world cannot wait another Sunday, cannot wait for another liturgy. We need a voice today—now—and that voice can only be yours.


Marco Baratto

IL SILENZIO È FINITO: È ORA CHE IL PAPA PARLI AL MONDO


Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si riunirà con il suo team per la sicurezza nazionale nella Situation Room della Casa Bianca per prendere decisioni cruciali sulla politica americana riguardo al conflitto esploso tra Israele e Iran, secondo quanto riferito da tre funzionari statunitensi ad Axios. Fonti attendibili hanno rivelato che Trump sta valutando seriamente la possibilità di entrare direttamente in guerra e lanciare un attacco contro gli impianti nucleari dell'Iran, in particolare quello sotterraneo di Fordow, dove si arricchisce uranio, segno evidente di una possibile escalation su scala globale. 

Gli Stati Uniti stanno considerando l'ipotesi di unirsi alla campagna militare israeliana, un'informazione confermata anche dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha sottolineato il rischio imminente di un allargamento del conflitto e il coinvolgimento delle principali potenze mondiali. 

È in questo contesto drammatico e sull'orlo dell'abisso che ci rivolgiamo al Santo Padre, a Leone XVI, affinché vada oltre le parole pronunciate all'Angelus o durante le omelie, oltre i gesti simbolici, oltre i silenzi carichi di dolore. Santo Padre, invochiamo un intervento che non sia rituale ma straordinario, che rompa gli schemi della diplomazia ecclesiastica e si imponga nei cuori e nelle menti di chi può ancora fermare la catastrofe. 

Le chiediamo di parlare al mondo intero con forza e chiarezza, usando ogni mezzo di comunicazione possibile, la televisione, la radio, i social media, le piattaforme digitali, in tutte le lingue, su ogni continente, perché il mondo ha bisogno di sentire una voce di pace che si opponga con decisione al delirio di chi si crede investito da un mandato divino per seminare morte e distruzione. 

Non abbiamo bisogno di discorsi in codice né di diplomazie che barcollano, ma di mille parole di fuoco, parole chiare, umane, universali, che richiamino alla responsabilità i governanti, che ridestino le coscienze, che smascherino le retoriche belliche, che scuotano anche i fedeli più tiepidi. Un messaggio che faccia memoria dei suoi predecessori, di Pio XII che visse nell'ombra delle bombe, di Benedetto XV che fu voce inascoltata nel rumore delle baionette. Santo Padre, oggi tocca a Lei: la storia la guarda, la ascolta, la misura. Uomini e donne attendono un segnale che non venga dai vertici militari ma dall'alto della coscienza umana, un monito che dica basta, che fermi l'illusione tragica della guerra giusta, che ricordi all'umanità che nessuna fede, nessun Dio, nessun testo sacro può essere brandito come giustificazione per distruggere la vita. 

Santo Padre, le chiediamo di uscire dal silenzio dei palazzi e di entrare nelle case, nei telefoni, nei cuori, con un messaggio semplice, potente, in diretta mondiale, tradotto in ogni lingua, in ogni paese, senza compromessi, senza ambiguità. Che dica chiaramente: fermatevi. 

Che richiami con forza quella visione profetica della "pace disarmante e disarmata" che solo chi è veramente grande può avere il coraggio di pronunciare. Il mondo non può aspettare un'altra domenica, non può aspettare un'altra liturgia. Serve una voce oggi, subito, e quella voce può essere solo la sua.

Marco Baratto


Europe’s Great Misunderstanding: Imagined Power, Real Dependence

by Marco Baratto The growing tension between the United States, Ukraine, and Europe did not begin with Donald Trump's recent statement...