Quando si parla di "codici" legati ai pontefici, spesso ci si trova di fronte a ricostruzioni fantasiose, narrative che intrecciano frammenti di realtà a conclusioni distorte. Non è questo il caso del cosiddetto Codice Leone, che si riferisce all'azione e al metodo di Papa Leone XIV, legittimo successore di Benedetto XVI e quindi di Papa Francesco, e non un "antipapa" come amano sostenere i soliti gruppi complottisti.
Il Codice Leone non è un insieme di teorie astratte, ma piuttosto la chiave per comprendere un modo di governare la Chiesa che si distingue per silenziosa raffinatezza, prudenza chirurgica e capacità di delega. Una postura lontana dai toni da stadio di Papa Francesco, ma non per questo meno incisiva.
L'ombra lunga delle dimissioni di Benedetto XVI
Per comprendere appieno l'originalità di Papa Leone XIV, è necessario ricordare l'evento spartiacque che fu la rinuncia di Benedetto XVI. Ancora oggi, molti osservatori considerano quell'atto un errore: Benedetto avrebbe dovuto restare, nonostante la fragilità fisica, come aveva fatto Giovanni Paolo II fino all'ultimo respiro. Ma le foto e i video degli ultimi anni mostrano quanto fosse in realtà impossibile pensare a un papa capace di guidare realmente la Chiesa in quelle condizioni.
La lezione che la Chiesa dovrebbe trarre è chiara: serve una normativa che definisca in modo preciso la figura del Papa emerito. Non possiamo più assistere a situazioni in cui un pontefice è formalmente capo della Chiesa, ma non più fisicamente in grado di esercitare il ministero. La possibilità di una "pensione" per il Papa, con dignità e rispetto, deve diventare parte integrante del diritto canonico.
Un papa tennista, non tifoso
Dentro questo contesto arriva Leone XIV. A differenza del suo predecessore Francesco, capace di gesti plateali, discorsi diretti e appelli che sembrano cori da curva calcistica, Leone si muove come un tennista di classe. Non urla, non arringa le folle con slogan immediati: colpisce con precisione, al momento giusto, con la forza del colpo ben calibrato.
Molti lo giudicano un papa silenzioso, addirittura indifferente alle grandi questioni globali. In realtà, il suo agire è di una raffinatezza sottile, fatta di passaggi lenti e studiati, di messaggi affidati ad altri portavoce, di parole che risuonano solo dopo essere state elaborate e rilanciate dai canali più adatti.
La differenza è sostanziale: Francesco era il papa che voleva "entrare in campo" con la squadra, Leone XIV è l'allenatore che osserva dal bordo, lascia giocare gli altri e interviene soltanto per cambiare l'inerzia della partita.
La prova del fuoco: la visita del Presidente di Israele
Un esempio lampante di questo stile è stata la recente visita in Vaticano del Presidente di Israele. In passato, un incontro simile sarebbe stato accompagnato da parole forti del pontefice in persona, dichiarazioni dirette, talvolta perfino destinate a generare polemiche. Con Leone XIV, invece, la regia è stata diversa: non il Papa, ma la sala stampa vaticana ha diffuso un messaggio che, con estrema chiarezza, confutava le dichiarazioni del Presidente Isaac Herzog.
Un gesto apparentemente secondario, ma in realtà molto significativo: non è il pontefice a esporsi, ma la sua posizione trapela in modo inequivocabile attraverso un canale ufficiale e controllato. È un esempio perfetto del Codice Leone: lasciare che la sostanza emerga senza bisogno di clamore, mantenendo la figura del Papa al di sopra delle schermaglie diplomatiche immediate.
La Palestina e la voce degli altri
Un'altra conferma di questo metodo si è avuta sulla questione palestinese. Invece di parlare in prima persona, Leone XIV ha lasciato che a pronunciarsi fosse la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ovvero dai Vescovi della Nazione tradizionalmente vicina alle posizioni israeliane.
Il comunicato firmato dall'arcivescovo Timothy Broglio è stato un capolavoro di equilibrio: ha richiamato i valori comuni delle tre religioni monoteiste, ha invocato un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi, la fine dell'espansione degli insediamenti, il rispetto del diritto del popolo palestinese all'autonomia.
Queste parole, pur non pronunciate direttamente dal Papa, portano chiaramente il suo sigillo. È altamente improbabile che l'episcopato americano si muova su un terreno così delicato senza aver ricevuto il via libera dal pontefice. Ed è altrettanto evidente che il messaggio, provenendo dagli Stati Uniti, parli direttamente al mondo MAGA e a Israele, i due attori più sensibili a questa fonte.
Qui la sottigliezza del Codice Leone raggiunge il suo apice: non parla il patriarcato latino di Gerusalemme, che sarebbe stato percepito come parte in causa, ma la Chiesa americana, voce credibile presso l'establishment politico e religioso statunitense. Un colpo magistrale da tennista: non potente, ma calibrato, preciso, difficile da respingere.
Una diplomazia chirurgica
Il tratto caratteristico di Papa Leone XIV è dunque la sua diplomazia chirurgica. Non un papa-spettacolo, non un pontefice che monopolizza le prime pagine con frasi ad effetto, ma un leader che costruisce pazientemente una rete di messaggi indiretti, che si serve di intermediari per far giungere la sua voce là dove deve arrivare, senza esporre direttamente la figura papale.
Questo metodo ha un doppio vantaggio: mantiene il pontefice al riparo da attacchi frontali e, allo stesso tempo, rende più difficile per gli avversari respingere le sue posizioni, proprio perché pronunciate da fonti "terze" ma autorevoli.
Il fascino del Codice Leone
Il Codice Leone non è dunque un mistero esoterico, né un puzzle per iniziati. È piuttosto lo stile di governo di un papa che ha scelto di muoversi nell'ombra, di parlare attraverso altri, di non cercare l'applauso immediato ma di puntare a risultati concreti e duraturi.
È un codice che si comprende solo se si accetta di leggere tra le righe, di osservare le mosse non tanto per ciò che dicono apertamente, ma per ciò che lasciano intendere.
In un'epoca dominata dalla comunicazione diretta, dall'urlo sui social, dalla semplificazione estrema, Papa Leone XIV sceglie la via più difficile ma anche più affascinante: quella della discrezione, della delega, della parola pesata come colpo di racchetta.
E forse, proprio per questo, il Codice Leone è destinato a segnare una nuova fase della storia della Chiesa.
Marco Baratto
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