domenica 21 settembre 2025

In difesa di Ilaria Salis



Le parole del ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, hanno avuto il pregio di riportare sobrietà in un dibattito che rischiava di degenerare in slogan e strumentalizzazioni. A chi gli chiedeva un commento sulla decisione del premier ungherese Viktor Orbán di designare il movimento "AntiFa" come organizzazione terroristica, Tajani ha risposto con equilibrio: "Non devo fare commenti sulle scelte di altri Stati. Non credo che la Salis sia una terrorista. Ha idee molto diverse dalle mie, c'è un processo che la riguarda, ma non mi risulta che sia una terrorista".

Una presa di posizione che non soltanto riconosce l'autonomia di Budapest nelle sue scelte, ma al tempo stesso riafferma un principio fondamentale: l'onorevole Ilaria Salis, oggi deputata europea, non può essere etichettata come terrorista senza prove chiare e senza un giudizio definitivo della magistratura. È un messaggio che va oltre la vicenda specifica e che tocca il cuore della democrazia: la presunzione di innocenza e la difesa dello Stato di diritto.


Immunità non come privilegio, ma come garanzia

Siamo in un'epoca in cui la parola "immunità" suscita diffidenza. Nell'immaginario collettivo, spesso la si associa a un salvacondotto per politici corrotti o a uno scudo contro la giustizia. Ma l'immunità parlamentare, soprattutto in sede europea, non è mai stata concepita come privilegio individuale. È piuttosto una garanzia collettiva, che serve a proteggere l'istituzione rappresentativa da pressioni indebite di governi, poteri forti o magistrature non sempre indipendenti.

La storia ci insegna che laddove i parlamentari non sono stati tutelati, i regimi hanno avuto vita facile nel silenziare le voci dissidenti. Dalla Rivoluzione francese fino ai parlamenti della Germania nazista o dell'Italia fascista, la soppressione dell'immunità ha significato l'annientamento della rappresentanza politica libera. Concedere a Ilaria Salis l'immunità, dunque, non significa assolverla da eventuali responsabilità. Significa permetterle di svolgere il suo mandato senza il rischio che un processo, condotto in un Paese dove lo Stato di diritto è sotto osservazione europea, diventi strumento politico.


La fragilità della democrazia nel mondo contemporaneo

Tajani ha ragione a mantenere toni pragmatici. Viviamo un momento tragico per la democrazia mondiale. In diversi Paesi, anche occidentali, assistiamo a una progressiva erosione delle libertà civili. La polarizzazione politica e la retorica securitaria spingono spesso i governi a etichettare come "terrorismo" movimenti antagonisti o di protesta. È una tendenza pericolosa: la lotta al terrorismo è sacrosanta, ma la sua definizione non può diventare un contenitore elastico nel quale far confluire ogni opposizione radicale.

Il rischio è duplice. Da un lato, si svilisce la gravità del terrorismo reale, quello che mina la vita dei cittadini con attentati e violenze indiscriminate. Dall'altro, si apre la strada a un abuso del termine, usato per delegittimare avversari politici. Orbán ha già dimostrato di non esitare a comprimere spazi democratici: dai media sotto controllo governativo, alla magistratura in difficoltà di autonomia, fino alla repressione di ONG e associazioni indipendenti. In questo contesto, etichettare "AntiFa" come organizzazione terroristica solleva più di una perplessità.


La forza del dissenso e il valore del confronto

Va chiarito: non si tratta di condividere le idee di Ilaria Salis o del movimento a cui viene associata. Lo stesso Tajani lo ha detto senza giri di parole: le sue posizioni sono molto diverse dalle proprie. È naturale e persino auspicabile che in democrazia ci siano divergenze profonde. Ma difendere il diritto di chi dissente a partecipare al confronto politico è un atto di responsabilità verso l'intero sistema.

La democrazia non si misura sulla tutela delle idee maggioritarie, ma sulla protezione delle opinioni scomode, delle voci critiche, di chi non si allinea. Concedere l'immunità parlamentare a Salis, quindi, è un modo per dire che il Parlamento europeo resta uno spazio libero, dove anche chi porta posizioni radicali può esprimersi senza il timore di essere ridotto al silenzio per via giudiziaria.


La necessità di un argine alle derive autoritarie

Chi guarda con superficialità a questa vicenda rischia di non coglierne la portata. Non è una questione che riguarda solo Salis, né soltanto l'Italia o l'Ungheria. È un tema che tocca la tenuta dell'Unione europea come progetto politico e come comunità di diritto.

Se l'Europa accettasse senza reagire che un Paese membro etichetti come terroristi attivisti politici senza prove inequivocabili, aprirebbe la strada a un precedente pericoloso. Domani potrebbe toccare ad altri, con conseguenze devastanti sulla libertà parlamentare. L'argine alle derive autoritarie non può essere lasciato all'improvvisazione o alla buona volontà dei singoli governi: deve essere costruito giorno dopo giorno, difendendo principi anche quando non ci piacciono le persone che ne beneficiano.

In fondo, la grandezza della democrazia sta proprio qui: garantire diritti universali anche a chi non la pensa come noi. È facile difendere chi condivide le nostre idee, molto più difficile proteggere chi le combatte. Ma se rinunciamo a farlo, smettiamo di essere veramente democratici.


Un appello alla responsabilità

Personalmente, non ho votato per Ilaria Salis e non condivido molte delle sue posizioni. Ma sono convinto che le debba essere riconosciuta l'immunità parlamentare. Non per lei come persona, ma per ciò che rappresenta il suo caso: la tenuta dei principi democratici in un'Europa sempre più fragile, sotto attacco da nazionalismi e derive autoritarie.

Oggi più che mai, serve un argine. Un argine fatto di regole, di garanzie, di diritti che valgono per tutti. Tajani ha scelto un tono sobrio e responsabile, e ha ricordato che prima delle etichette vengono i fatti, e prima dei giudizi sommari viene il rispetto della giustizia. È un segnale incoraggiante.

La democrazia, per sopravvivere, ha bisogno di coraggio e di lucidità. Il coraggio di difendere chi non ci somiglia, la lucidità di distinguere tra dissenso politico e minaccia terroristica. In gioco non c'è solo il destino di un deputato europeo, ma la credibilità dell'intero sistema di garanzie che rende l'Europa diversa da chi alza muri e imbavaglia le opposizioni.

Ecco perché la vicenda Salis ci riguarda tutti.

Marco Baratto

Nessun commento:

Posta un commento

A Rosary to Embrace the World: On October 11th, Pray with Pope Leo XIV”

October is the month of the Rosary. Each year the Church invites us to rediscover this simple yet powerful prayer, which for centuries has...