sabato 2 agosto 2025

Santa Maria Intus Vineas: la chiesa più antica di Vigevano e l’ipotesi di rinascita affidata agli ortodossi


Appena fuori dal centro storico di Vigevano, tra edifici moderni e strade trafficate, si nasconde un frammento di Medioevo quasi dimenticato: la chiesa di Santa Maria Intus Vineas. Il nome latino significa "tra le vigne", e racconta bene l'ambiente in cui sorse, prima del 1202, come cappella rurale cistercense immersa nella campagna attraversata dalla via Francigena. Nei secoli fu tappa di pellegrini e viandanti, sotto il patronato della potente famiglia Ardizzi, tanto che nel 1418 vi sostò a pregare papa Martino V, di ritorno dal Concilio di Costanza.
L'edificio, semplice e austero, conserva ancora oggi il suo portico a quattro pilastri, il timpano triangolare e l'abside semicircolare.

Un tempo l'interno era arricchito da affreschi del XV secolo, tra cui una Madonna col Bambino di scuola lombarda, oggi quasi del tutto perduta. Dopo secoli di gloria e qualche restauro – nel Seicento a opera del vescovo Odescalchi e poi nel 1851 – la chiesa ha conosciuto un lungo declino, fino all'abbandono novecentesco. Oggi è chiusa, protetta solo da una tettoia provvisoria. Il restauro conservativo avviato nel 2020 ha evitato nuovi crolli, ma non ha restituito vita a questo luogo prezioso per la storia vigevanese.
Un'ipotesi di rinascita: il comodato a una chiesa ortodossa canonica
Di fronte a un patrimonio che rischia di spegnersi lentamente, prende corpo un'idea: affidare Santa Maria Intus Vineas a una comunità ortodossa canonica, tramite un comodato d'uso gratuito con obbligo di restauro.
Non si tratterebbe di una cessione, ma di una collaborazione virtuosa: il Comune manterrebbe la proprietà, mentre la comunità religiosa si assumerebbe l'onere di restaurare e curare l'edificio, restituendolo al culto e alla città.
Questa scelta avrebbe almeno tre vantaggi evidenti:
Rinascita spirituale – La chiesa tornerebbe a essere abitata dalla preghiera quotidiana, custodita e viva, come "casa del Signore" e non solo come rudere protetto.
Restauro concreto – Una comunità motivata e organizzata potrebbe reperire fondi e avviare interventi di sistemazione strutturale e artistica, sotto la supervisione della Sovrintendenza.
Valorizzazione culturale – L'edificio tornerebbe accessibile, visitabile, integrato in percorsi storici e turistici, riportando Vigevano al centro della Francigena.
Il comodato potrebbe prevedere clausole precise: obbligo di restauro entro tempi stabiliti, manutenzione ordinaria e straordinaria a carico della comunità, aperture pubbliche periodiche, tutela dei vincoli monumentali e assicurazione obbligatoria.
Un ponte tra memoria e futuro
Affidare Santa Maria Intus Vineas a una comunità ortodossa canonica significherebbe trasformare l'abbandono in opportunità. Non si perderebbe l'identità del luogo: anzi, la preghiera tornerebbe tra le sue mura, in un dialogo silenzioso ma concreto tra tradizione cattolica e presenza ortodossa.
Esperienze simili in altre città italiane dimostrano che la collaborazione tra enti pubblici e comunità religiose può salvare edifici storici destinati al degrado, restituendoli sia al culto sia alla cittadinanza.
Vigevano ha davanti a sé una scelta: lasciare che la sua chiesa più antica resti una reliquia chiusa, o offrirle una nuova vita. Santa Maria Intus Vineas racconta la città "prima della città", quando la fede si intrecciava con la terra e con il viaggio. Restituirla alla luce significherebbe custodire davvero la memoria più profonda di Vigevano, trasformandola in un ponte tra passato e futuro.

Marco Baratto

studioso di dialogo inter religioso

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