domenica 5 ottobre 2025

Il Vangelo tradito: come l’America ha trasformato la fede in un’arma politica


Quando la religione diventa ideologia, il Vangelo viene ridotto a slogan e la croce si trasforma in vessillo politico. L'America cattolica si trova oggi davanti a un bivio storico.


Il Vangelo non è mai stato un manifesto politico. È parola di misericordia, giustizia, fraternità. Ma negli Stati Uniti, da decenni, la fede cristiana – e in modo particolare quella cattolica – è diventata terreno di scontro ideologico. Oggi, nel cuore dell'America, la croce rischia di essere usata come un'arma.

Papa Leone XIV, nella sua recente esortazione apostolica, ha voluto richiamare il mondo cattolico al significato originario del messaggio cristiano: la cura per i poveri, la difesa della dignità umana, la giustizia sociale. Eppure, proprio per aver pronunciato queste parole, è stato accusato di essere "marxista", "globalista", "nemico dell'America".

Il cortocircuito è evidente: quando il Papa difende i poveri viene definito comunista; quando denuncia l'idolatria del mercato, viene considerato antiamericano. Ma il problema non è del Papa: è della Chiesa americana, che ha confuso il potere con la fede e il patriottismo con la santità.

La fede come appartenenza politica
Negli Stati Uniti, la religione è da sempre un elemento identitario. Ma negli ultimi decenni il cattolicesimo ha subito una mutazione genetica. Le parrocchie sono diventate arene ideologiche, i pulpiti strumenti di propaganda, le preghiere dichiarazioni di appartenenza.

Essere "buon cattolico" significa, per molti, essere "buon americano". Ma cosa accade quando la fedeltà alla nazione entra in conflitto con la fedeltà al Vangelo? La risposta è sotto gli occhi di tutti: il Vangelo viene reinterpretato, piegato, ridotto a strumento di consenso. È ciò che Papa Leone XIV ha definito "la strumentalizzazione della fede per giustificare l'ingiustizia".

In questo contesto, le parole del Pontefice non potevano che provocare scandalo. Quando parla di ecologia, viene accusato di "politicizzare la fede"; quando chiede accoglienza per i migranti, lo definiscono "traditore dell'Occidente". Ma ciò che davvero scandalizza è che egli rimetta Dio al centro, non la nazione.

Dal pulpito al comizio
In molte chiese americane, il confine tra omelia e comizio politico è ormai invisibile. Si parla di elezioni, di partiti, di nemici da sconfiggere. I valori evangelici vengono tradotti in parole d'ordine militanti. L'amore per il prossimo è sostituito dal culto dell'identità. E Cristo, il povero di Nazaret, viene trasformato in simbolo di forza, virilità e vittoria.

Papa Leone XIV ha denunciato questo fenomeno con parole che non lasciano spazio a equivoci: "Quando il Vangelo serve il potere, non serve più Dio." Una frase che, nei social network, è diventata bersaglio di scherno e insulti. Eppure, è la sintesi di tutto ciò che la Chiesa rischia di perdere: la sua libertà spirituale.

Il dramma del "pro-life nazionalista"
Uno dei punti più controversi di questa crisi è la distorsione del concetto di "pro-life". In America, essere "pro-life" è spesso sinonimo di essere "pro-partito", "pro-armi", "pro-guerra preventiva". È un'etichetta che non indica più una visione integrale della vita, ma una bandiera ideologica.

Il Papa ha ricordato che la difesa della vita non può limitarsi al nascituro, ma deve estendersi a ogni persona: al povero, al migrante, al detenuto, al malato. Ma questa visione universale è troppo scomoda per chi vuole ridurre la fede a battaglia culturale.

Così, l'America cattolica si trova divisa tra due visioni inconciliabili: da una parte il Vangelo dell'amore universale, dall'altra un "vangelo politico" fatto di esclusione, paura e potere.

Il Papa contro il silenzio
Ciò che rende ancor più drammatica la situazione è il silenzio della gerarchia americana. Pochi vescovi hanno avuto il coraggio di difendere pubblicamente Papa Leone XIV. Molti tacciono, altri parlano di "equilibrio", altri ancora si schierano apertamente contro di lui. È un silenzio che pesa come una condanna.

Nel frattempo, i movimenti nazionalisti cattolici si rafforzano. Finanziati da fondazioni potenti, sostenuti da media compiacenti, promuovono un cattolicesimo "muscolare", virile, patriottico, che rifiuta il linguaggio della misericordia e abbraccia quello della forza. È un cristianesimo che predica il sacrificio ma non la compassione.

Il Papa, invece, parla di mitezza. E la mitezza, in un mondo dominato dalla paura, è rivoluzionaria. È il segno di un potere diverso, quello che non conquista, ma serve.

L'America e il rischio di uno scisma culturale
Non è ancora uno scisma formale, ma lo è nella sostanza. Sempre più fedeli, pur proclamandosi cattolici, respingono l'autorità del Papa e reinterpretano la dottrina secondo la propria agenda politica. È una Chiesa americana che si sente autosufficiente, quasi una nuova "nazional-chiesa", con la sua teologia e il suo clero mediatico.

Papa Leone XIV ha scelto di non rispondere con la durezza, ma con la perseveranza. Il suo pontificato, iniziato tra le speranze e le diffidenze, sta diventando una prova di resistenza morale. Egli rappresenta oggi l'idea di una Chiesa che non teme di essere impopolare pur di restare fedele al Vangelo.

Il futuro della Chiesa americana dipenderà dalla sua capacità di riscoprire la dimensione universale della fede. La vera forza del cattolicesimo non è l'omogeneità, ma la comunione. Non è l'identità nazionale, ma la fraternità dei popoli.

Il rischio, invece, è che l'America perda il senso della Chiesa universale per inseguire il mito della "religione americana". Un mito che promette grandezza, ma consegna isolamento.

Ritrovare il Vangelo
Alla fine, la questione è semplice: il cristianesimo non può essere piegato alla logica del potere. Non è una bandiera, ma una croce. Non serve per vincere, ma per servire. E quando una Chiesa dimentica questo, smette di essere Chiesa per diventare ideologia.

Il compito di Papa Leone XIV non è facile. Deve tenere insieme un mondo che si disgrega, una fede che rischia di dissolversi nella propaganda. Ma la sua voce, sola e ferma, ricorda che il Vangelo non ha bisogno di applausi: ha bisogno di verità.

La tentazione del potere è antica quanto l'uomo. Ma chi segue il Vangelo sa che non si può servire Dio e il potere insieme. E forse è proprio questa la grande lezione che l'America cattolica deve imparare: non basta proclamare la fede, bisogna convertirsi ad essa.

Il Vangelo non appartiene a nessuna nazione, e chi lo usa come arma finisce sempre per colpire se stesso

Marco Baratto

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